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UN DODO È PER SEMPRE

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La famiglia dei Rafidi comprende tre specie tutte estinte. Questi uccelli, forniti di ali e coda ridotte e ricoperte di penne morbide, erano inetti al volo. Il becco, più lungo del capo, era robusto, adunco con margini lisci, con narici oblique aprentisi nella regione membranosa. Erano uccelli di notevoli dimensioni e nidificavano sul terreno, deponendo ogni volta un solo uovo. Vivevano nelle isole Mauritius, Réunion e Rodriguez a est del Madagascar e si estinsero tra il XVII e XVIII secolo. Di essi si conoscono oggi soltanto alcuni resti ossei e alcune raffigurazioni, probabilmente non troppo esatte.

Il Dodo(Didus ineptus, poi Raphus ineptus, infine Raphus cucullatus), singolare columbiforme estinto da due secoli, proprio dell'isola di Mauritius, che viene comunemente chiamato Dodo di Mauritius.

Il Dodo era privo di predatori naturali in quanto sull'isola non c'erano mammiferi, ma nelle fitte foreste viveva un'alta varietà di specie di uccelli. Si cibava dei frutti caduti dagli alberi e nidificava sulla terra; vivendo indisturbato, perse la necessità e l'abilità di volare. Raggiungeva un'altezza di circa settantacinque centimetri e pesava fino a venti chilogrammi; dotato di corpo tozzo e grosso quanto quello di un cigno, aveva ali piccole e incomplete, non idonee al volo. Per contro, era un ottimo camminatore, provvisto di zampe corte e robuste, terminanti con dita armate di artigli acuminati. La testa massiccia risultava munita di un grosso becco fortemente incurvato alla punta a mò di uncino rivolto verso il basso. I piccoli occhi brillanti erano posti nel becco. La coda, cortissima e pendente, era fatta di penne a barbe scomposte. Il piumaggio era fondamentalmente del colore della cenere: scuro sul dorso, biancastro sul ventre, con cosce nerastre e piedi gialli. Le penne dell'occipite, di colore nerastro, formavano un cappuccio che lasciava scorgere solo la metà anteriore del capo, che era nuda. Remiganti e coda giallicce e iride bianco-gialliccia.

Dopo che i portoghesi sbarcarono sull'isola nel 1505, l'isola divenne rapidamente una sosta per le navi destinate al commercio di spezie. Pesando intorno ai 20 kg, il dodo era una fonte di carne fresca per i marinai: un gran numero di dodi furono uccisi per cibarsene. Più tardi, gli olandesi destinarono l'isola a colonia penale, maiali e scimmie furono portate sull'isola con i forzati. Molte delle navi che giunsero alle Mauritius portavano ratti clandestini, alcuni dei quali raggiunsero l'isola. Ratti, maiali e scimmie con il facile saccheggio delle uova di dodo, completarono la sua estinzione.

Un esemplare imbalsamato esisteva fino al 1755 presso l'Università di Oxford, ma poi si tarlò e venne distrutto: scomparve così l'ultimo rappresentante di una specie estinta. Oggi non ci rimangono che pochi resti: una zampa e il becco dell'esemplare suddetto sono conservati nel museo di Oxford, nel museo di Londra si trovano una zampa e uno scheletro completo, a Parigi uno sterno, a Copenaghen un becco e a Praga un cranio. Altri calchi in gesso sono esposti in diversi Musei. Nella pinacoteca di Dresda sono conservate alcune figure di dronte, risalenti al 1666. Solo pochissimi artisti europei ritrassero o disegnarono il Dronte da modelli vivi, così quasi tutti i disegni dell’epoca sono stati eseguiti basandosi su descrizioni, per cui si tratta di riproduzioni non completamente fedeli.



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Fino a un’epoca piuttosto recente nelle isole dell’emisfero australe esistevano uccelli i cui antenati furono senz’altro dei volatori e che successivamente persero tale abilità. La persistenza dell’apterismo fino a epoche recenti nelle isole dell’emisfero sud sembra resa possibile o dall’assenza totale o dalla rarità e piccola taglia dei mammiferi, il cui ruolo nelle Mascarene venne assunto dal Dronte o Dodo. Quando l’uomo vi introdusse i mammiferi predatori, quest’uccello incapace di volare scomparve.

Il Dodo delle Mauritius, Raphus cucullatus o Didus ineptus.

Non voglio dilungarmi sull’interessante peripezia toccata ai nomi delle isole e degli uccelli di cui stiamo parlando. Basti pensare che gli Olandesi chiamarono il Dodo Walghvogel, cioè uccello nauseante, in quanto di gusto sgradevole, e da Walghvogel si passò al tedesco Waldvogel, cioè uccello della foresta. Fantasmagorica è l’etimologia sia di Dodo che di Dronte, ma non vale la pena di accennarvi in quanto richiederebbe una diversione da un cammino che è già troppo tortuoso.

Furono tre le isole in cui il Dodo visse: Mauritius, Réunion e Rodrigues. Non può escludersi l’isola di Tromelin, ma si dubita per motivi che tra poco vedremo. I territori del Dodo sono vulcanici, poco adatti a conservare i resti di animali, in quanto non offrono terreni in grado di rinserrarli. George Clark, deluso per la mancanza di resti di quest’uccello, ebbe una geniale intuizione: siccome questi terreni vengono dilavati da violente piogge torrenziali, era logico ricercare le ossa dove le fiumane confluivano. Così, nel 1863, sotto gli occhi increduli e infastiditi dei Creoli di Mauritius - infastiditi per veder affiorare qualcosa che apparteneva loro e di cui erano ignari - Clark portò alla luce diversi resti che finirono nei Musei, permettendo una ricostruzione del Dodo attualmente conservata al Museo di Storia Naturale di New York.

il Dodo di Mauritius finì per estinguersi tra il 1681 e il 1693. A partire dal 1750 gli abitanti dell’isola non avevano più alcun ricordo di questo uccello, noto ai loro antenati.

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Più che a riportare in vita i dinosauri - estinti molto prima che l'uomo comparisse sulla terra - si è più realisticamente pensato di tentare le funamboliche tecniche di bioingegneria per riportare in vita animali estinti dall'uomo. Per esempio, il dronte, del quale non si hanno più tracce dal 1681 (1693), quando venne implacabilmente cacciato dai marinai sbarcati nell'isola Mauritius. Il dronte non è la sola specie estinta o che rischia l'estinzione per opera dell'uomo. Il fatto è che oltre alla sua estinzione fisica ha subìto un altro affronto: se ne è persa la memoria confondendolo col dodo, che ne ha preso il posto. E in effetti, questo non è del tutto vero... non essendo disponibili disegni certi del dodo, i due pennuti sono stati riuniti in un'unica specie. Questa confusione-identificazione è stata proposta al grande pubblico in Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, dove c'è un'illustrazione del dronte che però viene chiamato dodo (il nome dodo potrebbe essere stato scelto da Dogson - vero nome di Lewis Carroll - come una forma di autoironia, giacché quando pronunciava il suo nome, pare balbettasse «do-do»): un'altra dimostrazione di come i mezzi di comunicazione di massa prendano il posto della scienza. O, se si preferisce, ne possano avvalorare le imprecisioni.




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L'immagine popolare di questo uccello viene dal celebre dipinto  realizzato con colori esageratamente vivaci. L'autore, Roelandt Savery(1576–1639), olandese, pittore fiammingo e incisore di paesaggi e soggetti faunistici, come qualcuno ha detto "trasse la sua notorietà dal dodo". Egli li disegnò e dipinse molte volte, e senza dubbio ne fu affascinato. Anche ossessionato. Inizialmente i dipinti erano accurati, ma non fu così per gli ultimi. Questo perché inizialmente lavorò dal vivo, ma poi si affidò alla memoria, eseguendo dipinti non privi di fascino. Nelle sue visite al Museo dell'Università di Oxford, Lewis Carroll fu inspirato da questa immagine per crearne la versione caricaturale ad illustrazione delle avventure di Alice in Paese delle meraviglie.

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